di Fiorella Petrì
Un film piacevole da vedere e ascoltare; sì, ascoltare, perché Sing Street è un film sull’amore per la musica: sarà la scoperta della passione per la musica ad aiutare un gruppo di adolescenti a crescere e a definirsi e lo spettatore s’immergerà con loro in questa scoperta di note e parole provando forse, come me, tenerezza e nostalgia.
Il Film, ambientato a Dublino, mostra uno scorcio su quell’Irlanda sprofondata nella grave crisi economica degli inizi degli anni ’80, crisi che costringe alcune famiglie, esasperate dalla mancanza di lavoro, a ridimensionare drasticamente il proprio tenore di vita: un incontro traumatico con il limite imposto dalla realtà. Ed è sempre per la crisi che i giovani guardano all’Inghilterra, che dista da Dublino solo un braccio di mare, come luogo del desiderio e della speranza nella convinzione che solo lì i propri sogni potrebbero trovare una realizzazione.
John Carney ci fa intravedere adulti violenti, dediti all’alcool, genitori esasperati e continuamente in lite tra loro che tendono a essere distratti e “ciechi” nei confronti dei propri figli adolescenti. Adulti confusi, in difficoltà nel sostenere la differenza generazionale come mostra un piccolo dettaglio: il fratello maggiore del protagonista chiama il proprio padre per nome.
Conor, il personaggio principale della storia, è un quindicenne imberbe, timido, impreparato inizialmente ad affrontare il mondo violento della nuova scuola in cui i genitori, per risparmiare, l’hanno iscritto. Conor, pur subendo degli atti di bullismo, non soccombe, anzi trova la forza in sé per reagire in modo creativo: strimpella inizialmente a fatica la sua chitarra, continuamente disturbato dalle urla dei genitori, così penetranti, che non ci sono né mura né porte che possano proteggerlo dal sentirsene invaso. Sarà l’incontro con una bellissima ragazza di un anno più grande di lui, Raphina, della quale s’innamorerà a prima vista, a rivelargli che la sua vera attitudine non è tanto quella di suonare ma di scrivere testi e cantare. Sarà l’innamoramento a spingerlo a mettere su una band – che chiamerà Sing Street – per far colpo sulla ragazza e conquistarla.
Questo film mi ha fatto pensare alla funzione che il rapporto tra fratelli e l’innamoramento possono assumere nella conquista dell’identità in adolescenza.
Brentan, il fratello maggiore di Conor, è un ragazzo venticinquenne pensante e sensibile (non sarà un caso che nella sua caotica stanza da letto troneggia un ritratto/manifesto di Freud), tuttavia, è il prototipo di quei tardo-adolescenti ritirati e rinunciatari: Brendan, esperto di musica contemporanea, ha abbandonato il suo desiderio di suonare, così come ha abbandonato il progetto di studi universitari. Ci sorprende quando scopriremo che questo ragazzo nei confronti del fratello più piccolo riesce ad assumere una funzione di guida, aiutandolo a orientarsi nel campo musicale. Ma non solo. Brendan, grazie alla sua funzione di rispecchiamento, incoraggerà e sosterrà Conor nella ricerca di uno stile personale. Possiamo supporre che Brendan, facendosi carico del ruolo genitoriale cerchi di essere con Conor quel genitore attento che a lui è mancato.
Spesso incontriamo nei nostri studi giovani pazienti che, grazie a un fratello o una sorella maggiore, sono riusciti a sperimentare quel quantum di relazione accudente e affettiva che permette loro, di non essere totalmente immersi in una rabbia distruttiva, senza speranza. Sappiamo che la nascita di un nuovo bambino è di solito sperimentata come un momento di cambiamento doloroso, a volte catastrofico e che sono messi in atto spesso attacchi aggressivi verso l’usurpatore. Tanto è vero che anche in questo film, verso la fine, Brendan svela la sua invidia nei confronti di Conor, non tanto perché vissuto come invasore o usurpatore, ma come privilegiato, in quanto a lui, era stato evitato di sentire il peso del controllo e del carico delle aspirazioni dei genitori, cosa di cui Brendan, come primo figlio, era stato bersaglio. Forse possiamo pensare che quando l’invidia tra fratelli non è poi così invasiva, può trasformarsi in ammirazione, e l’identificazione con il fratello vissuto come parte sana e funzionante di sé, può far nascere la spinta ad aiutarlo e a sentirsi solidale con lui.
La fantasia a occhi aperti di Conor, che immagina il primo concerto della band a scuola come un gran successo dove tutti ballano e si divertono, è segnata dall’arrivo in sala di Brendan, non più trasandato e depresso, che sorridente si mette a suonare con lui, questo sembra delineare quel desiderio che penso sia spesso presente nel legame tra fratelli, soprattutto dall’adolescenza in poi, che potrebbe definirsi, desiderio di socialità fraterna. Mi riferisco al desiderio di poter correre con qualcuno che abbia lo stesso passo dandosi reciproco sostegno, come fanno i due fratelli adolescenti nel noto romanzo “Qualcuno con cui correre” di David Grossman ( Milano, Mondadori, 2001).
E’ in seno alla fratria che si saggiano le prime esperienze di condivisione, d’intimità, di mediazione, nella quotidianità e nel teatro immaginario del gioco. Queste esperienze potranno costituire in seguito un modello per affrontare i rapporti di amicizia, di coppia o di lavoro nella vita reale. In ogni adolescente c’è, prima o poi, il desiderio di confrontarsi in una relazione tra pari: io-te, che non può prescindere dall’inevitabile ridimensionamento del proprio narcisismo.
Nel film questo è ben messo in evidenza nel legame tra i componenti della band, esso costituisce una forza, non solo perché va a riempire il vuoto dei legami familiari, ma perché ogni ragazzo ha la possibilità di sentire il gruppo come sostegno all’espressione degli aspetti soggettivi di sè e della realizzazione dei desideri personali, costantemente ridimensionati e rinegoziati nella relazione con gli altri e nel continuo oscillare tra movimenti identificativi e movimenti di differenzazione. Una traccia di questi movimenti la ritroviamo nella scelta del “look” che impegna febbrilmente ognuno dei ragazzi della band prima della registrazione del videoclip, vissuto come momento della presentazione di sé al mondo.
Anche l’ incontro del nostro adolescente Conor con la bella Raphina è molto significativo per la maturazione della sua identità. Il ragazzo è travolto da emozioni contrastanti: passione, amore, aspettative deluse e dolore. “ L’amore è felice e triste” ripete la ragazza ed è a questa miscela di felicità e tristezza che attinge Conor per creare i testi delle sue canzoni ispirate e dedicate a Raphina. La scrittura è spesso la via privilegiata per la conoscenza di sé nell’adolescenza. Diari, poesie, racconti, o semplicemente pensieri sono per gli adolescenti un modo per dare forma e parole alle sensazioni confuse ed alle turbolenze emotive che li travolgono. Scrivendo i testi delle canzoni Conor svela a se stesso e al suo oggetto d’amore ciò che anima il suo mondo interno. Durante l’adolescenza è fondamentale scoprire che l’altro può apprezzare ciò che si è, con i propri limiti, insicurezze, fragilità in modo da non doversene vergognare, né sentirsi costretto a nascondersi assumendo degli atteggiamenti costruiti, un po’ come appare, inizialmente, Raphina aspirante modella un po’ vamp.
Una rappresentazione di questa identità instabile ma in fieri, mi sembra rappresentata, nella scena finale del film, dalla piccola imbarcazione con cui Conor e Raphina prendono il largo, diretti verso l’Inghilterra, li vediamo navigare in un mare alquanto mosso sostenuti non solo dalla tipica incoscienza giovanile, ma anche dalla fiducia nelle loro capacità e dal poter confidare sul sostegno reciproco.