Centro Napoletano di Psicoanalisi

O figlie’ mute, a mamma o ‘ntenne. 

(Il figlio muto, può comprenderlo solo sua madre).

Darwin Mervoglino

Il senso di questo proverbio è che una mamma è capace di interpretare le inquietudini, o i desideri, dei figli anche quando inespressi. Talvolta è capace di indovinarli anche prima che lo stesso figlio sappia di provarli.

In chiave psicoanalitica questo detto, che dice molto del legame madre-figlio, può essere letto attraverso la funzione di specchio della madre proposta da Winnicott: cosa vede il bebè quando guarda negli occhi sua madre? Vede se stesso, o meglio, vede ciò che la madre vede in lui. Questa funzione strutturante dello psichismo infantile, svolta dalla madre, indica proprio come la madre indovini i sentimenti dell’infante prima che questi sappia di provarli.

Le funzioni di holding (tenere), handling (maneggiare), e object presenting (offerta degli oggetti), indicate da Winnicott, mostrano il percorso graduale attraverso cui la madre intende l’infans (etimologicamente “che non parla”, il figlio muto) e lo accompagni in un percorso di conoscenza di sé, fino a quando il piccolo bambino, imparando a parlare, sia in grado di conoscere e descrivere i propri desideri e le proprie inquietudini.

Il valore profondo di questo antico detto napoletano, che coglie anche, forse, una certa particolare qualità del legame madre-figlio nella cultura meridionale italiana (cosiddetta “mammona”), sta anche nel fatto che esso si presta bene a sottolineare anche il limite di questa visione. Il figlio muto può essere anche fra-inteso. A volte la madre può fra-intendere l’infante: il fraintendimento può comportare uno spazio di originalità per i vissuti del bimbo, ma può comportare strade evolutive disagevoli se è troppo marcato.

O ancora la madre può intendere troppo e troppo a lungo, impedendo al piccolo bambino di sviluppare gradualmente i propri desideri e le proprie inquietudini.

Dunque da psicoanalisti potremmo dire che il figlio muto, che all’inizio è inteso dalla madre, deve essere gradualmente un poco (ma non troppo) frainteso da lei, per poter avere la speranza di essere inteso dal mondo e di intenderlo a sua volta. Per non restare per sempre “mammoni”.

Nello spazio fra presenza ed assenza si costruisce l’essenza dello psichismo umano.