Centro Napoletano di Psicoanalisi

Centro Napoletano di Psicoanalisi

La Psicoanalisi è … viva

Report di Maria Carolina Galdo*

 

 

Nodi in Psicoanalisi del 13 Settembre 2025 – Napoli: Psicoanalisi, un sapere che sostiene l’esistenza? Le risorse del pensiero clinico

La Psicoanalisi: «una disciplina del vivente, che sonda e allarga le dimensioni del soggetto e dell’ambiente, che consente di migliorare questa dinamica espansiva del soggetto e dell’oggetto, che ha una dimensione scientifica, ecologica e umana». È così che il testo di Anna Ferruta accoglie il suo Lettore, aprendosi a Lui in grande confidenza colloquiale. Lo fa con semplicità, lo avvicina con discrezione e lo invita ad accostarsi piano piano alla finestra aperta, perché possa “vedere” con i suoi occhi e “sentire” con tutti i suoi sensi quel panorama multicolore e senza frontiere della
Psicoanalisi, ampio e variegato, fatto di forme cangianti che lasciano scie luminose che attraversano la lettura dei dodici capitoli, rimandando a testi classici freudiani e post freudiani, così come al cinema e alla poesia, alla musica, all’architettura e ad eloquenti sequenze cliniche in cui è in opera la talking cure. È così che attraverso Una finestra sulla psicoanalisi (Cortina, 2024) fa la sua apparizione una Psicoanalisi “viva” che descrive la vita psichica e le sue origini, il suo funzionamento, il suo registro intersoggettivo e che ci consente di pensare il “vivente” non nella sua pienezza e continuità, ma nella sua fragilità e vulnerabilità dal momento che «la tensione del vivere è costituita dal compito di mettere continuamente in contatto la realtà interna con la realtà esterna e dalla necessità di dover decidere ogni volta tra quello che appartiene all’esperienza condivisa con caratteri di alterità e ciò che è prevalentemente frutto delle nostre proiezioni» (p. 46).
Il Lettore, dopo essersi tuffato nel testo, ne è riemerso, per correre ad incontrare altri lettori, tutti psicoanalisti di diverse generazioni, che si sono dati appuntamento presso la sede del CNP il 13
settembre in occasione di un “Nodo in psicoanalisi” che a partire dal testo si è interrogato su La psicoanalisi: un sapere che sostiene. Le risorse del pensiero clinico, per incontrare “in presenza” Anna Ferruta. L’introduzione di Virginia De Micco e gli interventi a seguire di Mirella Galeota e Massimiliano Sommantico, si sono intrecciati dando vita ad un pensiero analitico che si è fatto
esperienza condivisa con tutto il gruppo consentendo all’evento di non essere solo un evento scientifico, ma anche uno scambio affettivo e riflessivo che ha mostrato il volto più vivo della Psicoanalisi.

La riflessione offerta da Virginia De Micco sulla “clinica del vivente”, ha permesso di precisare come il sapere psicoanalitico, che non può esaurirsi nella teoria, si rinnovi costantemente
nel contatto con l’altro, riuscendo a trasformare la vita psichica del paziente -così come quella dell’analista- all’interno della relazione analitica. De Micco ha aperto questo orizzonte concettuale
rileggendo, con Wolfang Loch, il termine tedesco existenztragen, cioè “sostenere l’esistenza” che non va inteso nel senso del proteggere, bensì del contenere e pensare, non eliminando il dolore ma trasformandolo in parola. L’analista, come il paziente, è chiamato a reggere l’urto dell’ignoto, a sostare nell’incertezza che accompagna ogni processo trasformativo. Mirella Galeota, attraverso la memoria delle sue personali esperienze di formazione psicoanalitica e di cura, propone diverse metafore (il viaggio, la navigazione, l’immersione) restituendoci l’idea della Psicoanalisi come movimento fluido tra mondo interno e mondo esterno. In linea con Winnicott, Galeota concepisce il setting come base sicura e spazio di gioco, dove analista e paziente possono esplorare la distanza senza perdersi e dove il linguaggio si fa materia affettiva capace di separare, ma anche unire, il paziente all’analista che -in quanto figura di accompagnamento- si offre come chi sa “ascoltare con tutti i sensi”, con la propria stessa vulnerabilità. Più precisamente, è proprio il dolore a diventare il luogo in cui nasce la parola, in cui il legame analitico trova la sua verità emotiva, la capacità di stare nella differenza, di tollerare la separazione e la frustrazione, di saper accogliere parti che chiedono solo di essere pensate. L’intervento restituisce alla Psicoanalisi la sua tonalità affettiva laddove trovano spazio la tenerezza  la memoria, la nostalgia. Al pari della madre “sufficientemente buona” -che non elimina la frustrazione ma la contiene- così la funzione dell’analista non consisterà nel colmare il vuoto, ma nel custodirlo, per fare spazio alla parola che ancora non c’è. Il discorso di Massimiliano Sommantico si è mosso su un piano di raffinata complessità teorica, collocando il pensiero di Anna Ferruta all’interno della tradizione post-freudiana. È proprio dalla ricerca, imprescindibile e consustanziale, di incontro con l’Altro che Sommantico parte per riprendere una preziosa riflessione dell’Autrice sulla oscillazione tra stabilità e movimento che vede nel sogno, nel gioco e nel setting gli elementi cardine del metodo psicoanalitico: è la stabilità contenitiva della cornice psicoanalitica a rendere possibile che «un processo psichico spontaneo si svolga» e che, quindi, un movimento interno si avvii. Sarà proprio l'attenzione rivolta al legame che si stabilisce tra i soggetti della coppia analitica a dare la possibilità di leggere la situazione analitica come occasione per una “rinascita continua” e per una “espansione del Sé”. Alla necessità di amplificazione ed estensione dell’ascolto analitico va, inoltre, ricondotta tutta la riflessione che la Ferruta rivolge a quei dispositivi analizzanti «adatti a raggiungere soggetti con patologie identitario-narcisistiche o il cui assetto difensivo collassa in occasione di una contingenza improvvisa ed imprevista». Sommantico riprende la centralità del “terzo analitico”, laddove gli inconsci del paziente e dell’analista si incontrano e si trasformano reciprocamente, ricordando con Ogden che il “terzo analitico” non è un punto di equilibrio, ma un campo di tensione, attraversato da forze di identificazione e di resistenza, luogo della co-creazione simbolica. Alla luce di queste riflessioni, il controtransfert non è più solo strumento di conoscenza ma campo di esperienza. Sommantico non perde occasione per riprendere un punto preciso trattato dalla Ferruta, allorchè ricorda come all’analista venga richiesto di «aver attraversato lui per primo un’esperienza analoga (a quella del paziente in analisi), che gli abbia fornito una solida preparazione sul funzionamento dell’apparato psichico, dal momento che l’incontro, il confronto tra Io e Altro, tra Sè e Altro da Sè mette alla prova in particolare la persona dell’analista e la turbolenza delle sue implicazioni controtransferali». A finire, Sommantico si sofferma sul sogno, la cui attività viene descritta dalla Ferruta come quella «che offre continuamente nuove conoscenze, perchè colloca il soggetto da un punto di vista diverso da quello consueto e quindi conosce e sperimenta diverse condizioni dell’essere». Gli interventi, intanto, dalla sala sono stati numerosi e tutti fecondi. Agli ulteriori stimoli pervenuti, ha risposto, sempre generosamente, la Ferruta. Nel suo insieme, il discorso che si è sviluppato ha restituito un’immagine della Psicoanalisi come pratica del pensiero e della presenza. Il pensiero dell’Autrice e le riflessioni scaturite, ci mostrano la Psicoanalisi come spazio in cui la parola e il silenzio, il sogno e il dolore, il sapere e il non sapere si incontrano e si fecondano reciprocamente. È in questo equilibrio sottile -tra prossimità e distanza, tra tenerezza e rigore- che la Psicoanalisi del vivente trova il suo senso più profondo e la sua forza generativa. Integrando concetti classici con le neuroscienze, la teoria dell’attaccamento, viva e moderna è la riflessione che la Ferruta ci offre sull’apparato psichico, sul corpo, presenza viva nella stanza d’analisi, matrice primaria del pensiero, luogo del trauma, “memoria somatica”, capace di conservare ciò che la mente non ha potuto pensare. La sensorialità che si trasforma in rappresentazione rende il pensiero, sempre e comunque, un evento corporeo: «nel corpo si annidano le prime forme di pensiero, quelle che non hanno ancora parola ma che si esprimono in ritmo, calore, sguardo, pelle». La mente, quindi, nasce e si struttura prendendo forma, respiro e ritmo nel corpo, a partire da esperienze corporee. Il “pensare con il corpo” e il “sentire con la mente” diventano, così, due linee guida che si incontrano nel lavoro analitico, suggerendo massima attenzione ai canali transfero-controtransferali: «nel controtransfert corporeo si annida la possibilità di comprendere l’indicibile del paziente».
In chiusura, trascrivo per lasciare l’ultima parola ad Anna Ferruta, a cui va il sentito ringraziamento del CNP: «Già Amleto si interrogava… essere, non essere, morire, dormire, sognare… Essere è sognare, attivare quella potenzialità vitale che permette di creare mondi, il proprio modo soggettivo di sentire-pensare tramite il quale ciascuno può contribuire, se lo vuole, a cambiare qualcosa del mondo condiviso con altri, per renderlo possibilmente migliore: sognare per creare mondi». (p. 218).

*Maria Carolina Galdo, Psicoanalista SPI-IPA, Socia del CNP