Centro Napoletano di Psicoanalisi

S.J. Zavala, 2021

il Manifesto 14 ottobre 2023
La Polis, gli interessi privati e la salute mentale
Sarantis Thanopulos
Il 10 Ottobre si è celebrata la salute mentale. Celebrazione melanconica di un’epoca di
risveglio delle coscienze -espresso con la riforma Basaglia- spinta verso l’oblio.
L’amministrazione pubblica si è gradualmente disinteressata alla sofferenza psichica,
cercando soluzioni centrate sulla sua interpretazione come disturbo organico e supposte
poco costose e efficienti. Queste soluzioni, che hanno immiserito la cura, si sono
dimostrate inefficienti e anche molto costose, perché dove regna l’incuria regna anche la
speculazione. Il governo in carica ha affossato rapidamente quello che negli anni
precedenti si era fatto per rimettere in gioco la dignità della cura e delle persone. Da una
parte è tornato all’ideologia securitaria, che della sofferenza psichica nulla capisce e nulla
vuole sapere, e dall’altra sta cedendo alla privatizzazione della salute mentale che mina il
benessere psichico collettivo. Sotto la pressione dell’ossessione per la sicurezza (che
prende di mira i “malati mentali”) e delle case farmaceutiche la riforma della salute
mentale, che aveva fatto del nostro paese un esempio, rischia la disattivazione.
La terapia farmacologica è uno strumento utile, tante volte irrinunciabile, per contenere
l’angoscia e la depressione. Non elimina la sofferenza e a lungo andare, se diventa
puramente sedativa, può cronicizzarla. La sua somministrazione non può in alcun caso
essere regolata secondo parametri solamente quantitativi (che calcolano il rapporto tra
quantità di dose e quantità di riduzione del dolore). Deve tenere conto del fattore
soggettivo (che può influenzare positivamente o negativamente il trattamento) ed essere
gestita in un modo personale che implica una relazione. Il prof. Antonio D’Errico, psichiatra
e psicoanalista di valore, scomparso prematuramente, diceva trent’anni fa che psichiatra e
paziente “partecipano a una comune mensa farmacologica”, che il farmaco è interiormente
assunto da entrambi.

L’uso impersonale dei farmaci (non di rado validato con dati inattendibili) è diventato il
perno di una concezione biologica del dolore psichico -e a partire da ciò del senso
dell’esistenza dell’essere umano-che ha riabilitato l’elettroshock (espandendone il campo
attraverso l’elettrostimolazione transcranica) e la contenzione fisica, assoggettando di
nuovo la psichiatria alle pratiche del controllo sociale aggiornate tecnologicamente.
Il giorno in cui scopriremo la causa somatica della sofferenza psichica (cosa diversa dagli
effetti psichici delle malattie organiche) e il rimedio per eliminarla, sarà tardi per
comprendere che siamo diventati macchine biologiche (se non saremo auto-estinti prima).
L’abbandono della psicoterapia, del lavoro di reinserimento culturale, lavorativo e politico
delle persone sofferenti nella loro comunità e del sostegno delle realtà sociali e familiari
fragili, ha disumanizzato la cura e depresso emotivamente i servizi pubblici, demotivando
gli operatori e creando una crisi di vocazione preoccupante.
Sulla crisi della salute mentale pubblica, che destabilizza l’intero sistema della cura
psichica, prospera la digitalizzazione di massa della cura con terapie online gestite da
imprese (campo in cui stanno per entrare grandi compagnie assicurative) con ulteriore
spersonalizzazione degli operatori e degli utenti e delle relazioni sociali in generale. Ciò
che non si vuole vedere non esiste: questa mentalità che rende muta e più destrutturante
la sofferenza, espandendola silenziosamente e senza filtri di elaborazione nella società,
ha creato forme di disagio grave ma informe che si diffondono tra tutti, soprattutto ma non
solo tra i giovani, e si manifestano direttamente come atti di violenza sfrenata e insensata.
Le idee folli sulla sofferenza creano follia collettiva. La salute mentale è una questione
troppo importante per la Polis perché resti fuori dalla lotta politica.