Infanzia (in)dimenticabile
Gemma Zontini
Infanzia (in)dimenticabile**
Gemma Zontini*
22/2/2025
Lo scritto ripercorre i temi della memoria e dell’oblio a partire dalle ricerche neuroscientifiche e psicologiche per poi approdare ad una riflessione su queste tematiche maggiormente circoscritta al campo della psicoanalisi.
Muovendo dal ruolo etiologico che Freud (1892) conferisce al ricordo, l’articolo propone le seguenti questioni: quale rapporto contraggono memoria e percezione? Come si recupera un ricordo e, più in generale, come si ricorda? Il ricordo è una ricostruzione con tutto il portato di fedeltà all’evento vissuto in senso percettivo e motorio che la ricostruzione prevede? Oppure è una costruzione, qualcosa che riprende il senso di eventi passati per fornire significato al presente? Perché si dimentica? Come si dimentica? La memoria è localizzata topograficamente o diffusa nelle parti componenti dell’apparato psichico?
Lo scritto ripercorre l’evoluzione nel tempo del pensiero freudiano circa questi interrogativi e le possibili risposte ad essi, evidenziando infine un doppio percorso relativo al ricordo, alla sua fissazione nella traccia mnestica, al suo oblio, al suo recupero.
Un primo percorso implica il passaggio dalla traccia percettiva alla traccia mnestica al ricordo ricordato. In questa traiettoria la traccia mnestica, e quella percettiva che ne è al fondo, viene conservata in modo indistruttibile nel rimosso: l’inconscio (rimosso) ricorda sempre e ricorda tutto delle impressioni più forti, forti soprattutto perché legate ad eventi accaduti nell’infanzia e che quindi hanno colpito un apparato psichico immaturo. L’Io, al contrario, dimentica dovendo esercitare la funzione della percezione, dell’attenzione, del giudizio, dovendo, cioè, tener conto del principio di realtà. E soprattutto dimentica per evitare il sorgere di ricordi gravati da desideri e impulsi infantili, perversi e incestuosi, diretti agli antichi oggetti con le relative angosce incestuose o di castrazione.
Il secondo percorso riguarda quelle tracce percettive che non possano essere dimenticate e magari “ricordate” mediante il ricordo di copertura perché non sono mai state notate poiché non sono mai state coscienti. Queste tracce, perciò, si manifestano in forma diversa dal comparire come ricordo, presentandosi soprattutto come azioni.
Esse, dunque, si esprimono mediante un percorso diverso da quello che dalla traccia percettiva porta alla traccia mnestica e da qui al ricordo.
La loro espressione sembra piuttosto essere legata alla reviviscenza senso-motoria poiché si manifesta nel corpo in una sorta di rievocazione dell’evento di tipo sensoriale quasi allucinatorio e di reazione motoria all’evento stesso.
Questo secondo percorso pone la questione di come possa una traccia percettiva per di più non “notata” riproporsi con la vividezza dell’evento peraltro non registrato.
In questo diverso percorso del ricordare/dimenticare, la dimenticanza non è la rimozione dell’esperienza, ma il vuoto di una perdita inconoscibile, l’affermarsi del reale (Lacan 1957-1958) come registro di ciò che non si può rappresentare o figurare, il registro di ciò che non cessa di non scriversi.
L’ipotesi freudiana di questi due diversi modi di ricordare e dimenticare è ovviamente legata all’ipotesi dell’inconscio, del sessuale infantile costituito da moti pulsionali le cui mete conducono agli oggetti parentali e marcato dalle tracce percettive delle prime esperienze particolarmente vivide e intense a causa dell’immaturità dell’apparato psichico, della necessità dell’Io di difendersi dall’infantile e dalle angosce incestuose e di castrazione che esso implica, difesa che l’Io attua sotto forma di rimozione, modo specifico della dimenticanza.
Ma l’inconscio, come si è già detto, conserva tutto sotto forma di traccia mnestica, traccia che può ripresentarsi in modo deformato, spostato o falsato come ricordo di copertura. Esso copre o falsifica il vero ricordo dell’evento infantile poiché un simile evento non può emergere come tale perché è stato infiltrato da fantasie sessuali infantili rivolte agli oggetti parentali e dunque gravate da interdetti, quali l’incesto, e dal senso di colpa. Il ricordo di copertura quindi è eterogeneo rispetto all’evento occorso. Ma perché il ricordo di copertura o il falso ricordo riguardano prevalentemente l’infanzia? Solo perché è in quel periodo che si formano quelle tracce percettive e poi mnestiche collegate alle impressioni più forti e durature? Secondo Freud (1899) la forza delle impressioni non sarebbe l’unico motivo alla base della falsificazione del ricordo: il ricordo falso o di copertura viene fatto risalire all’infanzia perché essa viene considerata come il periodo innocente della vita e dunque costituisce essa stessa quella copertura che rende possibile strutturare un ricordo che, sebbene collegato all’episodio realmente occorso, ne copre gli elementi legati al sessuale infantile. In questo senso il ricordo di copertura è una costruzione, che, però, conserva in qualche dettaglio qualche aspetto di verità storica, cioè qualche aspetto ricostruttivo.
In ogni caso, l’infanzia, sebbene sia il momento della vita in cui si costituiscono i ricordi di copertura a partire dai moti pulsionali e dalla loro rimozione, viene essa stessa quasi completamente dimenticata. E tuttavia, come Freud stesso afferma, l’amnesia dell’infanzia è controbilanciata dai ricordi di copertura che conservano non soltanto alcuni, ma tutti gli elementi essenziali della vita infantile. I ricordi di copertura, dunque, costruiscono il fondamento della nostra storia soggettiva.
Ma, come si è detto, non bisogna dimenticare l’esistenza del secondo percorso relativo all’emersione di alcuni ricordi, al loro imporsi con un vivido corredo affettivo: il loro sorgere non ha nulla della gradevole innocenza del ricordo di copertura, il loro presentarsi è tanto spiacevole quanto inevitabile. Siamo in questi casi al cospetto di ricordi ancora troppo vicini alla percezione, ancora presenti nell’inconscio nella forma della traccia percettiva, ricordi che prendono una via diversa da quella del ricordo ricordato, una via che è quella della riproposizione allucinatoria o dell’azione. Un tipo di ricordo che, piuttosto che costituire la copertura fondativa della nostra storia soggettiva, struttura la coazione di ripetizione nella sua dimensione statica e antistorica e nelle sue molte varianti sintomatiche sensoriali o motorie.
Allora, alla luce delle precedenti riflessioni, è possibile ipotizzare che quella che noi chiamiamo storia personale, quella storia cui diamo un peso di realtà e verità assoluto, che rende singolare e specifica la nostra soggettività, è in realtà solo una costruzione, magari non totalmente priva di agganci con l’evento vissuto, una storia di copertura, una narrativa simbolica fondata su una ripresa dell’infanzia e una messa al bando dell’infantile? Costruita per mettere al bando l’infantile?
L’infanzia, infatti, non è l’infantile. Essa è piuttosto quel momento della vita in cui l’infantile, il sessuale infantile perverso polimorfo, riceve una prima sistemazione. Durante l’infanzia la pulsione sessuale suscita curiosità soprattutto intesa a conoscere e comprendere l’unione dei genitori nella scena primaria e l’enigma della nascita dei bambini. Questa curiosità e le risposte che essa riceve sfocia infine nella costruzione delle teorie sessuali infantili.
Le teorie sessuali infantili, dunque, funzionerebbero allo stesso modo del ricordo di copertura. Sono costruzioni che, insieme alla stessa loro necessità e al modo in cui si saranno istituite, saranno alla base della memoria storica e personale, del ricordo costruito a copertura del sessuale infantile che rappresenta quella storia personale e singolare a sua volta costitutiva della soggettività. Costruzioni che tuttavia conserveranno un legame con quel nucleo di verità storica attraversato dalle pulsioni infantili (Freud 1937) che ne fu l’origine.
E tuttavia anche dell’infanzia non si conservano molti ricordi. Ma se essa è il momento fondativo della storia personale che istituisce il soggetto in quanto soggetto singolare perché dimenticarla quasi completamente, consegnarla pressoché totalmente all’oblio? L’ipotesi proposta dall’autrice è che l’infanzia venga dimenticata perché, contrariamente all’infantile, essa è un metodo: il metodo mediante il quale si costruisce il rapporto tra ricordare e dimenticare, tra piacere e realtà, tra insistenza della pulsione e consistenza della rimozione, tra evento e fantasia (con tutto il suo portato infantile). E un metodo si conserva e si applica senza che questo implichi necessariamente uno sforzo di memoria.
Il lavoro ripercorre non solo il pensiero freudiano relativamente alle questioni poste, ma anche quello di altri autori, quali Green, Lacan, Aulagnier, Avzaredel, Laplanche, Le Goff e Nora, Lemma, Leone, Montarolo, Schacter.
Esso, inoltre pone ulteriori interrogativi relativamente a particolari forme del ricordare: le memorie implicite, il déjà vu, i ricordi a permutazione dell’Io, le source memories, che l’autrice ipotizza essere forse collegate all’ipotesi psicoanalitica dei fantasmi originari di natura filogenetica (Freud 1905): ricordiamo dimenticando (rimuovendo) qualcosa la cui origine concerne quel campo intermedio tra l’innato e l’acquisito, tra lo schema ereditario e lo schema tramandato nella specie, tra l’originario e l’origine.
*Gemma Zontini, Psicoanalista, Membro Ordinario con Funzioni di Training SPI-IPA, Presidente CNP 2025-2028
** Versione ridotta della relazione presentata al Seminario Intercentri CPdR-CNP 12 Aprile 2025
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