di Sarantis Thanopulos
Il Manifesto, 20/2/2021
Introduzione: Quale rapporto c’è tra la psicoanalisi, la politica e l’educazione? Ciascuna di queste aree si occupa di migliorare la vita degli individui. Si tratta di un obiettivo individuale e sociale che, secondo Sarantis Thanopulos e Fabio Ciaramelli, è raggiungibile solo attraverso un processo di trasformazione percorso dal desiderio. (Maria Antoncecchi)
Sarantis Thanopulos, psichiatra, psicoanalista, membro ordinario AFT della SPI e dell’International Psychoanlitical Association, Presidente neo-eletto della Società Psicoanalitica Italiana, Socio CNP.
Fabio Ciaramelli, professore ordinario di Filosofia del diritto al Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli Federico II
Il Manifesto, 20/2/2021
Educare, curare, governare
a cura di Sarantis Thanopulos
Dimensioni complementari di una pratica di vita resa umana dal desiderio di auto-trasformazione.
Fabio Ciaramelli: «È appena uscito l’ultimo numero di “Paideutika” dedicato interamente a “Cornelius Castoriadis e l’educazione”, con un testo inedito dello stesso Castoriadis su “Psicoanalisi, società e politica”. Com’è noto, Freud aveva fatto suo il vecchio adagio secondo cui “educare, curare e governare sono tre professioni impossibili”. Questa impossibilità, secondo Castoriadis, consiste nel fatto che ciascuna delle tre professioni, per raggiungere il suo obiettivo, cioè l’autotrasformazione degli esseri umani, è costretta a basarsi su qualcosa che ancora non esiste. Dal punto di vista logico, si tratta di un compito, a rigore, impossibile. Ma esattamente in questo consiste lo specifico della paideia, intesa come socializzazione capace di trasmettere il desiderio di cambiamento, cioè la voglia di diventare soggetti attivi della propria trasformazione, tanto sul piano individuale quanto sul piano collettivo».
Sarantis Thanopulos: «Educare, prendere cura, governare sono le tre funzioni fondamentali che decidono la vita della società. Tutt’e tre soffrono in modo atroce e evidente oggi, quando più che mai si sente la loro necessità. L’educazione è in mano alla semplificazione, al tecnicismo, al plagio, alla demagogia, alla manipolazione. Il prendere cura di sé e delle proprie relazioni, è affidato, quando va bene, alla correttezza cosmetica della forma e all’assistenza materiale di chi soffre (con cui si silenzia la propria inquietudine). La gestione del “bene comune” ci è stata confiscata dai predatori globali che, eccellenti nello speculare sulle nostre disgrazie e impedire che esse si superino, ci vogliono convincere che governare è imparare a convivere con esse. Sono convinto che ciò che resta “vivo” in noi e nella società, nel lavoro, nella scienza, nel sapere “umanistico”, nella cura psichica, nell’arte, nella letteratura, sia più forte del marciume che si finge vita, ma bisognerebbe dargli rappresentanza politica perché il non governo, l’apolitico è oggi dominante.
Non condivido affatto l’opinione diffusa (e pericolosa) che i politici sono tutti corrotti e incompetenti. Sono stati sconfitti come tutti noi da un processo selvaggio di globalizzazione. Un vero progetto politico promuove nei soggetti in esso rappresentati un lavoro di auto-trasformazione. Questo lavoro implica il desiderio, che sta alla base di ogni capacità creativa, di abbandonare il senso di sicurezza fondato sulla ripetizione dell’esistente e i valori consolidati, quando essi, piuttosto che indicare la persistenza delle condizioni necessarie allo sviluppo delle nostre potenzialità, diventano prescrizioni nel presente che ipotecano il futuro. La disponibilità all’auto-trasformazione è una qualità per eccellenza erotica. Alla fine ciò che unisce tra di loro educare, prendere cura, governare, è l’“educazione sentimentale».
Fabio Ciaramelli: «Hai ragione, Sarantis, a mettere in luce la centralità della dimensione erotica, che tutto il discorso di Castoriadis sull’autonomia presuppone e invita ad approfondire. Infatti, solo la scossa vincente dell’eros, come esaltante capacità di auto-alterazione, può interrompere la stagnazione della vita individuale e sociale, cioè la sua ripetizione stanca e monotona. Solo il contagio delle passioni può far nascere e crescere il desiderio di cambiamento. Senza la voglia di dare inizio a qualcosa di nuovo di propria iniziativa non solo non è possibile prender di mira nessun cambiamento sociale o politico, ma non è neanche possibile mantenersi davvero in vita, dando a quest’ultima un senso propriamente umano, cioè aperto all’alterità del futuro, alla sua imprevedibilità. Perciò autonomia non vuol dire autoreferenzialità. Educare, curare e governare sono le tre dimensioni complementari di una pratica di vita resa umana dal desiderio d’auto-trasformazione».