Centro Napoletano di Psicoanalisi

CONVERSAZIONI AL CONFINE

Paesaggi della cultura: incontro tra psicoanalisi, scienze umane e scienze sociali

DAL PANORAMA AL PAESAGGIO : UN VIAGGIO PSICOANALITICO

Matera, 18 marzo 2023

Silvana Lombardi

Spesso, e non solo nel nostro caso, nel linguaggio quotidiano due termini dal significato similare vengono adoperati senza far troppa attenzione alle loro differenti sfumature. Questa disinvoltura magari è solo apparente, ma conviene approfondirla.

Per panorama, anche etimologicamente, s’intende ciò che vediamo con un colpo d’occhio ampio e che di solito ci colpisce per bellezza ed armonia. Il paesaggio, invece, da pagus, villaggio, è ciò che si percepisce di un pezzo di territorio, con peculiari caratteristiche strutturali, ma in continua evoluzione e trasformazione anche ad opera dell’uomo: occuparsene non costituisce solo un’esperienza estetica e soggettiva, ma apre piuttosto allo studio di un’identità culturale e territoriale (Frederick Bradley 2011 Paesaggio o panorama? Dialogo sulla necessità di una visione consapevole del territorio).

La nostra appropriazione percettiva, emotiva, culturale si declina ora attraverso l’una, ora attraverso l’altra esperienza.

Quando penso ai panorami di cui vado alla ricerca, quando mi interrogo su quali luoghi vorrei visitare, quando mi accingo con trepidazione a verificare le mie aspettative, mi viene in mente uno dei pochi consigli di tecnica della psicoanalisi datoci da Freud (1913). Il più prezioso. Esso istituisce la regola fondamentale della cura psicoanalitica ed inaugura quel particolare legame fra pensiero e parola, liberamente associanti, necessario al raggiungimento dell’inconscio individuale. All’inizio del trattamento:

Dica, dunque, tutto ciò che le passa per la mente. Si comporti, per fare un esempio, come un viaggiatore che segga al finestrino di una carrozza ferroviaria e descriva a coloro che si trovano all’interno il mutare del panorama davanti ai suoi occhi…

Suggerendo un irripetibile lavoro di allentamento del controllo della coscienza , Freud crea un rapporto fluido fra il mondo interno e la realtà esterna. Immergersi emotivamente ed esteticamente in un panorama è la porta di accesso alla propria interiorità. Immergersi nella propria interiorità è la porta d’accesso alla elezione ed alla comprensione del panorama. Una porta, dunque, da poter percorrere nei due sensi, in entrata ed in uscita. Non a caso nell’antichità romana ed italica era un dio bifronte, Giano, il nume tutelare delle porte e dei passaggi. E dell’andare, se una delle altre possibili etimologie del nome è dal verbo ire.

Per ironia della sorte, quando materialmente mi accingo all’andare per svago, il mio bagaglio è quello del mio lavoro!

Freud fu, nella vita reale, appassionato viaggiatore. Lo diventò, affinando la naturale ed indifferenziata curiosità giovanile e trasformandola in uno strumento sensibile di orientamento: bussola, timone, sestante. Ben presto, infatti, questa curiosità si rivelava come richiamo dell’ inconscio ad un incontro desiderato, gioioso e liberatorio, ma molto spesso, quasi sempre, acme di un percorso emotivo perturbante.

La sua meta preferita fu l’Italia, che scelse per vacanza ben 25 volte fra il 1895 ed il 1923. Viaggiare nel nostro paese fu un piacere dei sensi: per lui, una scoperta. Dopo il soggiorno di studio a Trieste del 1876 ed una prima visita del Veneto austro-ungarico nel 1894 in compagnia di Marta, recalcitrante a condividere la nascente passione di Sigmund, recatosi a Venezia nell’anno successivo, ne scrive alla moglie: “Nello stato di ebbrezza in cui spinge Venezia, ci sentiamo straordinariamente bene (era in compagnia del fratello) e non facciamo altro che camminare, andare in barca, guardare, mangiare, bere … Questa sabbia meravigliosa che sentiamo sotto i piedi … abbiamo bighellonato, il che ci ha consentito di vedere le cose più straordinarie”.

L’ abbandonarsi, attraverso il viaggiare, alla propria sensualità, condensato di esperienze sensoriali molteplici, non vede in Freud il suo primo interprete: fra i più significativi, prima di lui, in quanto esponenti del mondo letterario, Goethe, Heine, lord Byron, Shelley, Henry Beyle (1783-1842) (che assunse lo pseudonimo di Stendhal dalla città natale del grande storico e critico d’arte J. J. Winckelmann. E lo inaugurò per firmare la sua raccolta di ricordi su Roma, Napoli, Firenze). Moltissimi altri, soprattutto giovani, più o meno forniti di mezzi economici, si diressero fra il XVIII ed il XIX secolo dai freddi paesi dell’Europa centrale verso il Meridione ed il Mediterraneo per i loro tesori climatici, artistici, storici.

Val la pena ricordare, coevo di Freud, il medico svedese Axel Munthe per alcune pittoresche ma superficiali somiglianze. Neurologo, studiò a Parigi con Charcot e divenne conoscitore della clinica dell’isteria. Molto apprezzato dalle sue pz. parigine, le curò con ipnosi e massaggi ed investì i lauti guadagni nella realizzazione di un sogno: vivere in Italia, ad Anacapri, in una villa-museo che ristrutturò amorosamente da sé col solo aiuto di qualche modesto artigiano locale.

Molto diverso l’utilizzo che Freud fece del suo interesse per l’isteria.

Non è azzardata l’ipotesi che, immerso fra il 1894 ed il 1903 nell’ autoanalisi e negli studi sulle nevrosi, egli abbia messo a punto la sua teoria che poneva il sessuale, il pulsionale, il corpo come motore dello sviluppo psichico, anche grazie ai rimandi emotivi che i viaggi in Italia gli fornivano. Ben presto, infatti, cominciò ad organizzare le sue vacanze in due modi assai diversi: o all’insegna del riposo, nella campagna circostante Vienna, con l’intera famiglia che spesso si divertiva a condurre alla raccolta di funghi, né disdegnando di giocare a bocce; o in viaggio, allo scopo di placare, con un punch al Lete (Lettere a Fliess n°138 del 6 settembre 1897 da Siena) e decifrare , come in un sogno, i moti dell’anima. Forse anche questa scelta creò una coppia di opposti, di matrice empedoclea, come Eros-Thanatos, maschile-femminile, attività-passività, necessarie all’articolazione del suo pensiero.

Scrivendone a Fliess, dice : “ Ho poca voglia di pensare e non sono riuscito a controllare a tale riguardo l’agitazione dei miei pensieri e delle mie emozioni; per questo ci vuole solo l’Italia” ( Lettera n°136 del 14 agosto 1897 da Aussee). Lettere di straordinaria importanza, fra il 1895 ed il 1897, in cui Freud ragiona con l’amico della sua svolta teorica necessaria alla nascita della psicoanalisi: da una concezione neurobiologica, già esposta nel Progetto, ad una concezione psicologica. La chiave di volta, e, quindi, la scoperta del valore dell’Inconscio, ne era la distinzione fra stimoli percettivi esterni e stimoli endogeni.

E’ importante cogliere che, nelle confidenze fatte a Fliess, Freud esprime il suo malessere intellettuale come un turbamento della carne, psichica e somatica: egli soffriva di una piccola isteria e le reminiscenze inconsce che scopriva nelle sue pz. rappresentavano una via per poterne decifrare il significato. Sarebbe meglio, quindi, parlare di carne erotica, cioè di corpo erogeno, che trovava nell’Italia un suo rappresentante. Nell’ Interpretazione dei sogni Freud fa suo il lavoro onirico di una pz. che desiderava andare in Italia: gen Italien, verso l’Italia, era significativo del desiderio sessuale, genitale della donna.

Il modo con cui assumeva il suo punch al Lete era : “un sorso qua, un sorso là”. Infatti, la mappa complessiva dei percorsi colpisce per varietà e disparità d’importanza delle mete, impulsività nella disposizione temporale (ma non nello studio della cartografia), a volte ripetitività. Qualcosa di molto diverso dal Grand Tour, modalità sotto cui il maggior numero dei suoi predecessori realizzava il proprio percorso: un’anticipazione dei moderni “viaggi organizzati”, in cui erano previste soste mirate e programmati incontri ed acquisti.

Laurana, più volte Venezia, Padova, Bologna, Ravenna, Firenze, Orvieto, Aquileia, più volte Milano, il lago Maggiore, Genova, Napoli, Capri, Sorrento, Pompei, la Sicilia. Infine, nel 1901, il 2 settembre, un lunedì, superando resistenze riconosciutamente edipiche, riesce a raggiungere Roma.

A proposito di questa sofferenza, nella biografia, E. Jones (1960) riporta le parole che a sua volta Freud prese in prestito da Rank nel suo studio sul simbolismo delle città e della madre-terra: “E’ altrettanto nota la profezia emanata ai Tarquini dall’oracolo, secondo la quale la conquista di Roma sarebbe toccata a chi di loro avesse per primo “baciato” sua madre”.

E , al capoverso successivo, conferma l’identificazione di Freud con il cartaginese Annibale (quindi, come lui semita), che, colpito da un’oscura inibizione, si fermò a lungo sulle rive del Trasimeno (come Freud) proprio quando era sul punto d’impadronirsi di Roma, “madre delle città”.

Numerosi sono i suoi sogni precedenti la risoluzione di questa inibizione: la scrupolosa analisi a cui li sottopone gli sarà di grande aiuto. Ma mi sembra valida l’ipotesi di studiosi (Gerard e Antonietta Haddad Freud in Italia 1995) secondo i quali non poco contribuì il minuzioso studio della mappa della città a prepararlo, senza “giri di parole”, a toccare, frugare, penetrare il corpo materno.

L’autoanalisi è ormai prossima a concludersi (1901).

Non i viaggi in Italia.

Con dei cambiamenti evidenti. E, nel mio pensiero, questo cambiamento trasforma significativamente il modo di avvicinarsi al territorio desiderato che comincia ad acquistare il senso di essere non solo panorama, ovvero una proiezione dell’interiorità pulsionale, ma anche paesaggio.

E. Jones, nella biografia di Freud, intitola gli anni dal 1901 al 1919 come Gli anni della maturità.

A 45 anni, ormai riconosciuto ideatore della psicoanalisi, è divenuto un maestro consultato e ricercato. Nel 1907 riceve la visita di Max Eitingon, desideroso di sottoporgli un difficile caso clinico. Il primo, pervenutogli con questa modalità, cui faranno seguito molti altri. Eitingon si trattiene a lungo con Freud e partecipa a qualche serata scientifica di quella “Società del mercoledì” che nel 1908 diventerà la Società Psicoanalitica di Vienna. Con Eitingon nascono l’analisi didattica ed il training psicoanalitico.

Nei viaggi, che non farà mai da solo, diventa una guida (Haddad). Un didatta, appunto.

Comincia a muoversi in compagnia degli allievi prediletti (Ferenczi) e di quelli, fra i suoi familiari, che si delineano come interlocutori intellettuali: la cognata Minna e, più tardi, la figlia Anna.

Egli non ha più bisogno di “sfuggire a se stesso”: so will ich mir entfliehen. L’Io è subentrato all’Es in larga parte dei suoi territori . Non importa che la piena teorizzazione di queste istanze avverrà solo nel 1920, con la formulazione della 2°topica.

Vuole, al contrario, raccontarsi per come si è scoperto a mano a mano che formulava un pensiero psicoanalitico dal valore ubiquitario ed universale.

Anche contenuto e qualità della sua scrittura nei resoconti dei viaggi cambiano.

Descrive minuziosamente il paesaggio: gli alberi da frutto ed i pini del giardino dell’Hotel Cocumella a Sorrento, sullo sfondo del Vesuvio, Torre Annunziata e Napoli; la folla di spettatori (di cui fa parte) alle proiezioni cinematografiche in piazza Colonna, a Roma; le donne romane, tutte bellissime, a suo dire; si lamenta del caldo eccessivo.

Nel 1910 Freud e Ferenczi visitano insieme la Sicilia.

Ferenczi partecipa al viaggio in preda ad un forte turbamento emotivo: lo immagina, infatti, come un’ occasione tanto preziosa quanto facile da cogliere per entrare in intimità col Maestro e soddisfare quel transfert paterno che caratterizza il rapporto con lui. Ma Freud appare insensibile. In una lettera del 6 ottobre 1910, gliene fornirà la spiegazione, dopo aver riconosciuto che, volutamente, nel momento dello svago, aveva ignorato il bisogno dell’amico ed allievo:

“… Verissimo, è stata una mia debolezza. Io non sono il superuomo psicoanalitico che Lei si è costruito nella sua immaginazione né sono venuto a capo del controtransfert … Lei, non solo si è accorto, ma ha anche capito che io non ho più bisogno di mettere completamente allo scoperto la mia personalità ed ha giustamente fatto risalire ciò alla ragione traumatica che l’ha determinato. Dopo il caso di Fliess, una parte del mio investimento di cariche omosessuali è stata riassorbita ed adibita al miglioramento del mio Io. Sono, insomma, riuscito a realizzare ciò che non riesce al paranoico … Per di più, lei sa già, certo, che mi sentivo meno bene del solito … Spesso mi sono detto che chi non è padrone del proprio Konrad (nome con cui indicava il suo intestino) non dovrebbe mai mettersi in viaggio … “.

Sarà, infine, alla figlia Anna, erede e custode designata del suo pensiero scientifico, che affiderà l’ultima “ lezione italiana”. A Roma.

Nella ricchissima produzione scientifica di Freud, il lavoro più rappresentativo della tesi da me esposta è probabilmente Il delirio e i sogni della Gradiva di Wilhelm Jensen (1906), interpretazione psicoanalitica di una “fantasia pompeiana”, che ha consentito al suo sognatore, il giovane archeologo tedesco Norbert Hanold, inibito nella sessualità, di sollevare faticosamente la pesante cortina della rimozione, cedendo alla luce ed al calore della città meridionale in perenne lotta con la minaccia del vulcano che la sovrasta e può annientarla. E’ solo in quello scenario che potrà rianimare la marmorea figura della Gradiva e riconoscerla nella sua Zoe Bertgang.

Due volte scriverà degli affreschi del Signorelli, nel duomo di Orvieto, per analizzare il meccanismo psichico della dimenticanza dei nomi propri (Meccanismo psichico della dimenticanza 1898)-(Psicopatologia della vita quotidiana 1901).

Nel 1913 (Il Mosé di Michelangelo) e fra il 1934 ed il 1938 (L’uomo Mosé e la religione monoteistica) studierà il significato edipico paterno del Mosé di Michelangelo, posto a Roma nella Chiesa di San Pietro in Vincoli ed innumerevoli volte ammirato.

Ad Atene, anch’essa capitale del mondo classico, patì sull’Acropoli un malessere ed un disorientamento, che, nella Lettera aperta a R. Rolland (1936), pure decifrò come sintomo di un’inibizione edipica paterna. Il viaggio, in compagnia del fratello Alexander, si era svolto nel 1904 come deviazione imprevista da una meta programmata, divenuta poco consigliabile per ragioni climatiche (Corfù).

E’, a mio avviso, il passaggio dalla 1° alla 2°topica a conferire agilità al lavoro intrapsichico del nostro Viaggiatore. Non più impegnato nell’analisi dei meccanismi di difesa (rimozione) che compartimentano le aree psichiche, egli può attingere liberamente a ricordi, fantasie, nozioni, spunti culturali, amministrati dal gruppo Es- Io- Super Io.

E’ l’Io a svolgere la maggior parte del lavoro, in quanto interprete del principio di realtà, che tutela e rappresenta l’intero apparato psichico rispetto alle potenti forze istintuali dell’Es. Con cui, pure, è intricato. Insieme al Super Io, erede del complesso edipico e, dunque, frutto dell’interiorizzazione dei divieti genitoriali e sociali, è il tramite dell’individuo con la cultura.

Le topiche furono pensate per poter descrivere l’apparato psichico, definito dallo stesso Freud una finzione, un metodo per spiegare con parametri topici, economici e dinamici i caratteri dei fenomeni psichici. Esse si riferiscono pur sempre ad una dimensione spaziale della psiche, come nella tradizione culturale anatomo-fisiologica e localizzazionistica dell’epoca della sua formazione universitaria. Egli fu, infatti, anche un valente neurologo. Freud evidentemente non rinunciò mai agli assiomi della sua disciplina che, con una finzione, sì, ma lungimirante, apparentavano la spazialità psichica a quella fisica e corporea.

Né, tantomeno, poteva permettere che la psicoanalisi abdicasse al suo statuto di scientificità. Non volle considerarla una weltanschaung ovvero una religione o una filosofia.

Nel 1938, ormai giunto quasi al termine della sua vita, ribadiva la supposizione che la vita psichica sia funzione di un apparato con un’estensione spaziale ed una struttura composita, cioè costituito di parti o luoghi ciascuno con caratteristiche, processi e funzioni proprie e che questo avesse rappresentato una novità scientifica ed un apporto originale della psicoanalisi (Topiche lemma di PSICHE, dizionario storico di psicologia, psichiatria, psicoanalisi, neuroscienze).

Piccola Bibliografia

D’Angelo M. “So will ich mir entfliehen”. Sigmund Freuds Italienreisen 2020 Psychosozial-Verlag

Haddad G. & A. (1995) Freud in Italia (1996) MI Xenia Ed.

Jones E. (1953) Vita ed opere di Freud (1962) Il Saggiatore