Centro Napoletano di Psicoanalisi

Report del Convegno “Nodi in psicoanalisi. Ai confini della malattia mentale: lo spettro perverso”. 

  1. In un tempo un pò sospeso, quasi un ‘limbo dell’esistenza’, tra la speranza della ripartenza ed il timore legato alla pandemia ancora in corso, si è svolto ad Avellino il Convegno “Nodi in psicoanalisi. Ai confini della malattia mentale: lo spettro perverso”. 

L’incontro si è tenuto il 2 ottobre 2021, e forse non è un caso che sia sia utilizzata  una modalità mista, che prevedeva la partecipazione in parte in presenza ed in parte ‘da remoto’: una modalità nuova, mai adoperata precedentemente per un convegno del Centro Napoletano di Psicoanalisi, che, nel suo essere (almeno inizialmente) quasi ‘perturbante’, ben si è prestata come metafora per proporre alla riflessione comune un tema controverso e complesso come quello dello spettro perverso.

  1. Il tema è stato introdotto da una illustre relatrice, la dott.ssa Loredana Micati, membro ordinario con funzioni di training della SPI, che si è molto occupata di perversione, essendo autrice di numerose pubblicazioni in materia, oltre che portatrice di una significativa esperienza clinica. 

La dott.ssa Micati, in collegamento da remoto, è stata presentata dalla Presidente del CNP, dott.ssa Silvana Lombardi, presente in sala, e dal Prof. Paolo Cotrufo, segretario del CNP e moderatore dell’incontro.

É improbabile che arrivi nei nostri studi una persona la cui perversione è riuscita a svolgere il compito di tenere lontana l’angoscia”. 

Con queste suggestive parole la dott.ssa Micati ha introdotto la propria relazione, sottolineando un primo elemento fondamentale nel tema, che riguarda il ruolo dell’angoscia e le fil rouge che la lega alla perversione. 

Al riguardo, è stato evidenziato che i pazienti che si rivolgono allo psicoanalista lo fanno perché vi è un parziale fallimento dell’organizzazione perversa, e l’angoscia diventa intollerabile. 

Una perversione completamente riuscita, viceversa, può accompagnarsi ad un senso di superiorità che tiene lontana l’angoscia. 

Altrettanto feconda si è rivelata la riflessione in merito al meccanismo di difesa sottostante al funzionamento perverso, che – ha sottolineato la dott.ssa Micati – non sarebbe tanto la scissione, ma un meccanismo di misconoscimento della realtà, solo parzialmente riconosciuta. In tal modo, il momento del riconoscimento della separatezza porterebbe con sé una frustrazione ed un dolore che il bambino non può tollerare.

Pertanto, la realtà della separazione verrebbe parzialmente accettata ed in parte negata, attraverso un meccanismo di misconoscimento, inevitabilmente collegato ad un altro caratteristico elemento della perversione, la confusione. La confusione esiste  giacchè il perverso accoglie la realtà in maniera parziale: l’oggetto è riconosciuto come separato, ma non può avere autonomia e vitalità propria. 

Tale riconoscimento-misconoscimento dell’oggetto sembra essere la caratteristica di base dell’organizzazione perversa, nella quale l’oggetto “non esce da un circuito narcisistico, trattenuto in una condizione limite tra l’umano e l’inumano”. 

Le relazioni oggettuali del perverso sono caratterizzate dall’uso perverso e mortifero delle emozioni e sono dominate dalla distruttività, che rimane l’area interna in cui non è possibile il processo di separazione-individuazione, in ragione del timore dell’annientamento. 

Significativo il passaggio nel quale la dott.ssa Micati ha sottolineato che ciò che si mescola nel perverso non è aggressività, intesa come vitalità e libido, ma distruttività ed erotizzazione difensiva, che vengono messe in atto in un meccanismo ripetitivo e stereotipato. 

Successivamente, è seguito un richiamo all’esperienza clinica, che insegna quanto un’operazione in tale direzione sia possibile solo parzialmente e che i sensi di colpa del perverso sono, talvolta, devastanti e proporzionati alla consapevolezza inconscia della propria distruttività. 

L’ultima parte della relazione è stata riservata alla funzione del feticcio nella perversione.

In particolare, la dott.ssa Micati ha osservato che il feticcio sarebbe legato all’esistenza del pene, che, a sua volta, rappresenta la visibile integrità del sé; la presenza del feticcio segnalerebbe che è avvenuta un’inadeguata separazione del soggetto dalla madre e che l’esito è una sorta di debolezza nella formazione dell’immagine corporea. In entrambi i sessi, nel corso dello sviluppo, le angosce di frammentazione e di perdita possono confluire nell’angoscia di castrazione. 

Relativamente alla esperienza clinica, la dott.ssa Micati ha evidenziato quanto le analisi con tali pazienti siano frustranti e faticose, caratterizzate dall’uso di forme primitive di comunicazione, come l’identificazione proiettiva, che espone la mente dell’analista a continui stati di malessere. Gli eventuali cambiamenti possono essere lenti e profondi, ma ad un ‘costo’ emotivo enorme per l’analista.

  1. Nel successivo intervento, il dott. Pietro Bianco, psichiatra e direttore del DSM dell’ASL di Avellino, si è focalizzato sull’aspetto più prettamente psichiatrico della perversione. Basandosi sulla propria esperienza maturata in ambito psichiatrico, il dott. Bianco ha evidenziato che la perversione in psichiatria è stata trattata unicamente sulla base della sintomatologia presentata, senza approfondire eziologie e dinamiche più profonde. 

Il dott. Bianco ha osservato, inoltre, quanto la perversione possa assumere forme e manifestazioni distinte a seconda della struttura di personalità sottostante (nevrotica, borderline o psicotica). In particolare, la perversione che rimanda ad una personalità di tipo psicotico sarebbe alla base dei comportamenti agìti attraverso atti criminali, dei quali, tuttavia, se ne occupa più la giustizia penale che la psichiatria in sé. 

  1. Gli interventi successivi si sono focalizzati, poi, sulle forme di perversione nelle diverse fasi caratteristiche dell’età evolutiva e sui possibili elementi predittivi riscontrabili.

In particolare, la dott.ssa Ornella Moschella, psicoanalista SPI, si è interrogata sulla natura della relazione primaria del perverso e su eventuali esperienze traumatiche incontrate nel corso dello sviluppo.  

Al riguardo, è stata ipotizzata una ‘gradazione’ di reciproche posizioni madre-bambino, che influenzerebbe l’eventuale spinta verso un quadro psicopatologico perverso; sul punto, sono stati sottolineati gli stati depressivi materni ed il loro potenziale distruttivo dello spazio di creatività. È stato, altresì, richiamato il concetto di trauma nella genesi della perversione, nel duplice significato di assenza della funzione materna e di ‘presenze’ oggettuali ingombranti, violente ed intrusive. Una relazione madre-bambino sufficientemente riuscita conduce al raggiungimento dell’unità del Sè, consentendo al bambino di percepirsi in una relazione con l’altro, mentre un’alterazione di tale relazione può portare ad uno sviluppo segnato da una certa fragilità. È stato richiamato, al riguardo, il concetto di ‘preoccupazione materna primaria’ di Winnicott e di ‘costanza dell’oggetto’ della Mahler. La dott.ssa Moschella si è interrogata su quanto eventuali difficoltà rinvenibili all’interno della relazione primaria possano condurre ad una perversione ed ha osservato che, probabilmente, la precocità e l’intensità di taluni eventi psichici destrutturanti possono perpetrare la ferita narcisistica posta a fondamento dello sviluppo perverso. Citando M. Khan, è stato, infine, richiamato il caso di infanzie meno ‘traumatiche’, almeno all’apparenza, nelle quali la madre mette in atto un uso narcisistico del bambino: dopo una prima fase di ‘idoleggiamento’, improvvisamente, la madre ‘rompe il sodalizio’. Ciò comporterebbe un ‘trauma da separazione tardivo’, che viene collocato all’inizio della fase edipica. 

  1. Con riferimento alla fase dell’adolescenza, la dott.ssa Mirella Galeota, membro ordinario SPI, ha evidenziato la possibilità di rintracciare dei peculiari aspetti perversi nella delicata fase adolescenziale, ricordando quanto sia importante formulare la diagnosi di perversione dopo la conclusione dell’adolescenza, che rappresenta una fase cruciale per lo sviluppo del Sé. 

Sul punto, si è sottolineato che la disposizione perverso-polimorfa potrebbe essere destinata a persistere come residuo della sessualità infantile, ma rimodellata da difese intervenute in adolescenza. Citando Novelletto, la dott.ssa Galeota ha evidenziato che il soggetto, per poter nascere e sussistere, deve potersi concepire in una doppia traiettoria: essere se stesso e avere l’oggetto. Si tratta, dunque, di un complesso processo di soggettivazione che viene concepito come un lavoro di trasformazione e di appropriazione soggettiva: “L’adolescente cambia la percezione di se stesso come se fosse senza tempo e senza storia, confrontandosi con il dilemma tra continuità e discontinuità nella crescita”. 

La percezione del tempo diventa un elemento di differenziazione tra infanzia e adolescenza, tra un prima ed un poi: emerge un conflitto peculiare tra la maggiore capacità di rinunciare ad una gratificazione immediata e l’intolleranza a farlo. Attraverso il processo di temporalizzazione si può promuovere una nuova valutazione del senso di sé nel passato, nel presente e nel futuro. 

Al riguardo, è stato richiamato il concetto, elaborato da Meltzer, di ‘perversità’, quale funzione della mente, differenziandolo da quello di ‘perversione’ come organizzazione psicopatologica, sottolineando, in tal modo, che non sempre la perversità necessariamente sfocia nella perversione. Nel solco di Meltzer, dunque, la crisi di identità è il problema essenziale del mondo degli adolescenti, un’area di confusione in costante movimento tra l’essere bambino e adulto. L’adolescente, chiuso nel proprio dramma esistenziale, tende a centrare la propria attenzione sulla sessualità, cercando di trovare nel passato un’identificazione con i genitori onnipotenti (perché tenuti insieme). La perversità, dunque, come funzione della mente, può evolvere benignamente o incistarsi con gravi arresti dello sviluppo del Sè. 

  1. L’ultimo intervento ha proposto, infine, una collocazione della perversione su un’ideale linea di continuum. La dott.ssa Roberta Iansiti, psicoanalista SPI, ha sottolineato quanto, all’interno del complesso e variegato quadro perverso, vi siano delle sostanziali differenze, che ne determinerebbero anche la ‘prognosi’. 

In particolare, è stato evidenziato il ruolo fondamentale delle fantasie perverse come fattore protettivo dall’agìto perverso, nonché la significativa differenza tra perversioni che necessitano di un partner, reale o fantasticato, e perversioni che non necessitano di un ‘oggetto’. 

Tali elementi possano essere considerati come una bussola per delineare i primi confini all’interno di un fenomeno complesso come quello perverso, nell’ambito del quale sono stati evidenziati, altresì, gli aspetti comuni (innanzitutto lo svilimento dell’altro ed il suo uso strumentale), con particolare riferimento al ruolo della distruttività nella relazione oggettuale. 

A proposito delle relazioni oggettuali, è stato sottolineato il legame fondamentale della perversione con il narcisismo; legame che si può ben notare nelle perversioni relazionali (di coppia), nelle quali il perverso instaura una serie di comportamenti finalizzati al controllo dell’altro, alla sua sottomissione, operando un pervertimento della relazione d’oggetto, che diviene incentrata sull’esercizio del potere sull’altro. 

La capacità iniziale del perverso di sedurre e manipolare la vittima, come è stato osservato, rende possibile l’effrazione psichica, che può condurre fino al c.d. fenomeno del ‘Gaslight’ (termine tratto dal film ‘Angoscia’ con Ingrid Bergman, in cui un marito cerca di far impazzire la moglie, alterando la luce delle lampade a gas), ovvero perdita del punto di vista e del proprio senso di sé, che porta la vittima a dubitare delle sue stesse sensazioni. 

La caratteristica principale è che questo tentativo avviene mediante un’operazione psichica che mira ad ottenere la ‘collaborazione inconscia’ della vittima, attraverso la sospensione del giudizio e della resistenza, mediante la sollecitazione di meccanismi di colpa e di vergogna. 

Infine, è stato richiamato il concetto di perversità: un quadro caratterizzato dal dominio della distruttività scissa, a servizio della violenza pura, che rappresenta la trasformazione più significativa dello spettro perverso e che segna, inevitabilmente, il passaggio all’atto criminale. 

  1. In tutti gli interventi è, dunque, emerso il fondamentale ruolo del narcisismo all’interno dello spettro perverso, che incide in modo significativo sulla qualità delle relazioni oggettuali. 

Del resto, è proprio la qualità della relazione oggettuale, intesa come la capacità di preservare e ri-costruire una qualche forma di ‘affettività’ nella relazione, che sembra essere l’elemento di discrimen all’interno dello spettro perverso, che ne determina l’eventuale destino. 

L’incontro si è rivelato fecondo di riflessioni sul complesso e variegato mondo della ‘perversione’, che hanno posto l’accento sia sugli elementi comuni alle perversioni, sia sugli elementi tipici di ciascuna manifestazione perversa; elementi che, nelle sue multiformi sfaccettature, collocano il funzionamento perverso in un peculiare spazio, a metà tra l’umano e il dis-umano, in un tempo sospeso ai confini della malattia mentale. 

“Si chiamerà Limbo. Ignoro che cosa significhi esattamente la parola ‘limbo’. Che resti indeterminata non mi dispiace affatto” (J.B.Pontalis , Limbo).

Roberta  Iansiti