Centro Napoletano di Psicoanalisi

 

Report a cura di Giovanna Cerotto Mazza

In occasione del 165° anniversario della nascita di Freud, Patrizio Campanile, Olga Pozzi e Silvana Lombardi si sono confrontati in merito all’evoluzione del pensiero freudiano e alla relazione con l’altro da sé a partire dagli spunti offerti da Patrizio Campanile nel suo recente lavoro Freud dopo l’ultimo Freud. Per una psicoanalisi sempre nuova”. In qualche modo, ciascuno di noi ha avuto modo di relazionarsi con Freud, con gli altri e con se stesso.

Olga Pozzi, membro ordinario con funzioni di training, apre il dialogo introducendo alcune questioni che da tempo catturano il suo interesse e che si intrecciano con la clinica e con le riflessioni di Campanile. Prima tra tutte, la svolta epocale del pensiero di Freud che trasformò la spinta alla ripetizione nella coazione a ripetere, che da allora in poi concepì come alleata della pulsione di morte nel ripristino dell’iniziale condizione dell’inorganico e che riflessioni successive lo indussero a ritenerla anche collaboratrice nell’incremento di percorsi facilitanti della pulsione di vita. In relazione ad ulteriori sviluppi di questa questione, Olga Pozzi cita il testo di Lina Balestrière (Freud e il problema delle origini, 2004) in cui l’autrice confrontava la doppia funzione materna nei confronti del neonato, soddisfacimento e acquietamento, con i due principi, quello di costanza e quello di piacere, suggerendo una ulteriore linea di confine tra principio di costanza – funzione di acquietamento (stare meglio) e principio di piacere – soddisfacimento (avere abbastanza), non necessariamente coincidenti nei loro effetti. Nel senso che, ricorda Olga Pozzi, il soddisfacimento non produce sempre e soltanto acquietamento ma spesso può indurre una condizione di eccitamento, proprio in virtù del potere seduttivo materno in grado di accendere e dare forma nel neonato a desideri che non sarebbero potuti nascere senza il suo intervento. Questa menzione dell’originario, le consente di riproporre, in consonanza anche con Green e Laplanche, la questione  della direzionalità della pulsione verso l’oggetto atto a soddisfarla. Un oggetto attivamente cercato e anche psichicamente costruito. E la direzionalità riguarda non soltanto l’oggetto attrattivo, in quanto soddisfacente, ma anche l’oggetto da distruggere, quello repellente. A questo proposito, Olga Pozzi solleva un interrogativo: si potrebbe sostenere che per Freud lo stato inorganico costituirebbe l’oggetto proprio, declinandolo come pulsione del proprio, dell’appropriazione, della pulsione  di morte? E che lo strumento per raggiungere la meta della pulsione sarebbe costituito dall’usura a tempo degli organi corporei?

Successivamente, si sofferma su una questione che ritiene ancora più pregnante, sulla quale anche Campanile nel suo lavoro richiama la nostra attenzione: l’aggressività. Fino al 1920, è considerata da Freud come caratteristica di tutte le pulsioni ma, in Al di là del principio di piacere, viene proposta come attributo essenziale della pulsione di morte in collegamento a sua volta con la variante odio e, assieme, come risultante dell’accoppiamento con il narcisismo. Olga Pozzi ci ricorda che Campanile, sulla scia del pensiero freudiano, sottolinea che in realtà l’aggressività serve entrambi i contendenti, la pulsione di vita e la pulsione di morte, e che odio e amore hanno origini separate per Freud, in quanto l’odio viene prima dell’amore e nasce dal ripudio primordiale che l’Io narcisistico oppone al mondo esterno proprio in quanto sorgente di stimoli (Pulsioni e loro destini, 1915). Il tema dell’aggressività si sviluppa poi per tutto il decennio successivo, fino al Disagio della civiltà (1929) in cui Freud afferma che nell’individuo infuria la lotta tra le due tendenze: felicità individuale vs vicinanza emotiva nei confronti degli altri (sviluppo individuale e sviluppo legato al processo di incivilimento). Sempre a proposito del Disagio, ci viene segnalata la questione ancora indefinita relativa al concetto di sublimazione. In particolare, Olga Pozzi trova perspicua l’indicazione circa la possibilità di accedervi, quando sia presente, nell’impulso di sublimare una forte carica di aggressività che si tenta di contrastare attraverso l’ausilio dell’impasto di questa con la pulsione  di vita. Ed è proprio nell’area della imperante distruttività, che  il concetto dell’impasto mostra la sua maggiore incisività nel consentire attraverso la sublimazione l’attenuazione del suo impatto. Ma non solo: rispetto alla possibilità di ripensare alla sublimazione, sottolineano ancora Olga Pozzi e Campanile nel testo, risulta evidente anche la possibilità dell’attività della coppia legamento-slegamento, che ripropone il dualismo pulsioni di vita – pulsioni di morte o di distruzione.

Un’altra questione che infine le interessa accennare è relativa all’affermazione freudiana che l’inconscio è il vero e proprio psichico e che Campanile interpreta come l’esplicitazione della convinzione  freudiana che quindi l’inconscio, in quanto vero e proprio psichico, sia costituito dai processi somatici che usualmente sono considerati adesso concomitanti. È per questo che Freud considera la psicoanalisi una scienza naturale. Originariamente, tutto era Es; l’Io si è sviluppato dall’Es per l’influsso persistente del mondo esterno. Giunto alla fine, Freud ci tiene a ribadire l’importanza del mondo esterno sullo sviluppo dell’Io a partire dall’Es. Ma qui, ci ricorda Olga Pozzi, ancora una volta, la valenza è duplice: da una parte, il mondo esterno facilita la formazione e lo sviluppo dell’Io, ma dall’altra stimola e promuove contemporaneamente difese contro qualche cosa che si profila anche pericoloso. Questo qualcosa è la relazione, presente e attiva fin dall’inizio, a cominciare dalla relazione primaria e via via le relazioni in generale.

Silvana Lombardi, Presidente del Centro Napoletano di Psicoanalisi e membro ordinario, ci offre una interessante panoramica del lavoro di Campanile che interpreta in chiave edipica ampliando degli spunti suggeriti da Antonio Alberto Semi, autore della prefazione del testo di Campanile. Semi trova che l’autore abbia superato, o forse tollerato, tanto la spontanea reazione narcisistica alla presenza ingombrante del pensiero altrui, tanto la reazione narcisistica compensatoria alla frustrazione edipica, raggiungendo un punto di equilibrio tra il rispetto e l’appropriazione. Un altro, il padre, lo aveva già pensato, si era goduto questa materia, aggiunge Silvana Lombardi. A tal proposito riconosce che, più di una volta, le è parso di trovarsi di fronte ad un fenomeno di criptomnesia come quello che Freud riconosceva caratterizzare il suo rapporto con l’antichità classica, e di ritrovarsi in questo caso in presenza di Enea, Patrizio Campanile, che si carica sulle spalle il vecchio padre e, tenendo per mano il figlioletto, si muove alla ricerca di una nuova terra dove radicare la sua progenie. Naturalmente, precisa, se Freud sta per Anchise, il piccolo Ascanio è la psicoanalisi, una creatura tenacemente concepita ed allevata e della cui sorte Freud si preoccupa moltissimo. Proprio questa preoccupazione potrebbe aver concorso alla svolta teorica del 1920-1929. Silvana Lombardi a questo proposito ci ricorda che Il Disagio, secondo Campanile, meglio di Al di là, mostra il passaggio dal Freud preanalitico all’ultimo Freud. Da quello della prima topica, quindi della scoperta dell’inconscio e della rimozione, a quello dell’ultima teoria delle pulsioni e della teoria strutturale. La disamina della civiltà come principale ostacolo per l’uomo alla realizzazione della felicità, pur mantenendogli al livello teorico generale la convinzione dell’esistenza della pulsione di morte, lo induce nel dubbio, grazie anche al confronto con Einstein, che esista una pulsione distruttiva indipendente, osservabile non solo nella realtà ma anche nella clinica (reazione terapeutica negativa, ad es.). L’autonomia della pulsione distruttiva, sarebbe uno snodo importantissimo che la sottrae all’aspetto cangiante degli opposti pulsionali perché, a ben vedere, in eros c’è un po’ di morte e viceversa. Se vi è un collegamento, questo è con il narcisismo.

A proposito della svolta, segnala quanto certe tematiche generate da questa (l’odio, il trauma e la verità storica, la sublimazione) acquistino il ruolo di motori della messa a lavoro della stessa, essendone contemporaneamente lo strumento ed il prodotto. Inoltre, nel lavoro di Campanile la costituzione psichica viene intesa non come la natura data e fondante di ciascuno, ma come una costruzione e Silvana Lombardi ci fa notare che, come Freud conclude con il Compendio (1938), anche Campanile procede in un ragionamento fatto a posteriori per ordinare elementi della dottrina psicoanalitica che spieghino che cosa entra in gioco nel vasto e sconosciuto territorio dell’individuo che sta tra i processi somatici da una parte e gli atti di coscienza dall’altra.

Tornando sulla questione dell’eredità, aggiunge che nel lavoro di Campanile talvolta gli sviluppi di un’idea vengono organizzati in un vero e proprio dossier di eredi successori e delle nuove correnti cui hanno dato vita. La trasmissione generativa agli eredi avviene in maniera mirata e puntiforme attraverso interlocuzioni personali. Silvana Lombardi ci ricorda, in conclusione, che col tempo Freud ha pensato all’oggetto non più solo come l’oggetto della pulsione ma come l’altro e che ciascuno di noi può trovare tempo e modo di dialogare con Freud.

Patrizio Campanile, Presidente del Centro Veneto di Psicoanalisi, membro ordinario con funzioni di training, si introduce nel dialogo offrendoci due immagini che lo hanno guidato nella strada che ha percorso. Una è quella che Freud introduce ad un certo punto mentre sta scrivendo Analisi terminabile e interminabile (1937), quando in una lettera segnala che questo “piccolo scritto gli cresce tra le mani”. Campanile ritiene che questo sia un elemento che caratterizza in modo specifico l’ultimo Freud perché alcuni nuovi concetti o l’uso di alcuni concetti, si trasformano progressivamente man mano che li si sta usando. La seconda immagine è un’immagine che ha a che fare con l’origine del suo libro. Patrizio Campanile racconta che è partito dallo studio di Analisi terminabile e interminabile e da lì è cominciato un girovagare nei lavori di Freud, il cui risultato è stato un movimento all’interno del pensiero freudiano che ci rappresenta con l’idea dei knot garden inglesi, cioè i giardini nodo. Questi ultimi, precisa Campanile, a differenza del labirinto a cui siamo abituati, sono dei giardini che non prevedono delle siepi che impediscono la visuale, in modo che da qualsiasi punto si guardi il giardino se ne vede l’insieme e inoltre è possibile raggiungere qualsiasi punto percorrendo strade sempre nuove non necessariamente la stessa. È così che Patrizio Campanile si è mosso e il risultato è stato questo testo.

Stando alla personale lettura di Campanile, a partire dal Disagio della civiltà si inaugura un periodo specifico del pensiero freudiano e questo periodo contraddistingue “L’Ultimo Freud” non soltanto in termini temporali ma anche in base a quello che ad un certo punto lui ha introdotto nelle sue concezioni e che poi ha continuato a sviluppare. Campanile ci ricorda che già il 1920 è un momento di elaborazione in corso, infatti il discorso sulla distruttività viene introdotto da Freud in Al di là del principio di piacere (1920)in un momento successivo. È importante non perdere di vista il fatto che dopo aver concettualizzato la nuova teoria  pulsionale scrive l’Io e l’Es (1923) e definisce l’apparato psichico. Allora, aggiunge, Freud sa che gli manca un tassello fondamentale e gli è stato necessario elaborare fino e in fondo le sue idee sulla distruttività per arrivare a concettualizzare il Super Io come fa nel Disagio della civiltà. Campanile individua nello scritto di interlocuzione con Einstein il corollario fondamentale del Disagio della civiltà. Freud nel 1932 viene invitato da Einstein a discutere con lui sul perché della guerra e contemporaneamente scriveva la Lezione 32. Nella Lezione 32 introduce una idea che poi riprende nello scritto di interlocuzione con Einstein, cioè quella relativa alla coppia attrazione – repulsione. A proposito di quest’ultima, Campanile suggerisce che essa possa o debba essere considerata come di un livello più generale (e non alla stregua di tutte le altre coppie proposte da Freud) e cioè che, come dice Freud ad Einstein, noi esseri umani siamo portati contemporaneamente ad andare verso e a ritrarci. Questo è al centro del dramma dell’essere umano. Contemporaneamente, gli elementi che contraddistinguono i movimenti delle due pulsioni agiscono su ciascuna delle due polarità in quanto, entrambe, al loro estremo, portano lo stesso risultato perché andare verso, fino al punto di perdersi nell’altro, e ritrarsi dalla relazione rifiutando di considerare l’altro, la realtà, l’oggetto, sono entrambi elementi estremi distruttivi. Il compromesso, che è fondamentale, ha a che fare con la distribuzione dell’investimento verso la realtà o verso se stessi.

Ricostruendo a posteriori il cammino freudiano, Campanile giunge a ritenere che Freud cerca di collocare l’essere umano all’interno della materia che è regolata da elementi base di cui il principio di inerzia è un elemento fondamentale. Se si crea un movimento nella materia, alla fine esso si esaurisce e questo, nella misura in cui noi siamo parti di materia, deve avere una rappresentanza anche in noi. Individua nel principio del Nirvana la rappresentanza di questo principio caratteristico della materia, ritenendolo l’equivalente dal punto di vista concettuale della nozione di pulsione. A suo parere nel ’29 c’è una svolta che consiste nell’aver considerato che nell’essere umano le manifestazioni della pulsione di morte possono essere viste come forme di distruttività. Quest’ultima, crede che possa coincidere con il disinvestimento, con la perdita dell’oggetto inteso come altro da sé ma anche sé, individuando in questo il portato ultimo dell’elaborazione freudiana. Tale questione secondo Campanile viene ripresa da Freud in relazione all’eccitamento come elemento che, ci ricorda anche in linea con Olga Pozzi, alimenta la vita e, al contempo, la può portare alla distruzione e questo fin dall’origine, fin dal momento in cui il neonato affamato, arrabbiato, scalcia e strepita e deve trovare delle ragioni, delle prove, dentro di se e nella relazione con l’oggetto, per limitare la scarica.

Si apre a questo punto una discussione densa di contributi che, talvolta armonizzandosi, talvolta introducendo elementi nuovi, nutrono in maniera vivace e ricca il confronto con Freud e tra i presenti. Alessandro Garella pone l’accento su una componente del pensiero freudiano che è quella economica e su quanto le energie e le forze siano assolutamente decisive, tanto più quanto più noi pensiamo che il vero psichico sia il corpo e il corpo è energie e forze. Nella sua lettura del testo di Campanile, nel processo di costituzione psichica le energie delle origini devono trovare regimi diversi affinché si formi la struttura. La struttura che si forma, viceversa, non ha più l’economia delle origini. Riccardo Romano trova che l’originalità del lavoro di Campanile sia legata al fatto che ci propone di relazionarci con Freud non tanto ormai accademicamente, ma in maniera  dinamica e questo rapporto con questo Freud, aggiunge, è diverso, più vitale. Inoltre, conclude, Campanile si concentra sull’ultimo Freud che accentra sicuramente la sua attenzione sull’attrazione e la repulsione che è il fondamento della dinamicità e del movimento. Patrizio Campanile, in chiusura, sottolinea che il moto originario per cui si comincia a strutturare una differenziazione all’interno dell’essere umano è quello che Freud, dal 1915, definiva come movimento di odio. Infine, proprio perché sono diversi i modi di incontrare e non risolvere il conflitto dell’andare verso e ritrarsi, del dare o non dare spazio al proprio desiderio dell’oggetto, ciò che fa si che l’oggetto sia pericoloso è il nostro desiderio ed è per questo che la dinamica del desiderio diventa centrale e la questione della sessualità e dell’Edipo rappresentano gli elementi di svolta nell’equilibrio dell’intergioco di queste forze.